quinta-feira, 20 de outubro de 2011

«Solo maschio e femmina costruiscono la famiglia»


di Raffaella Frullone

«Da un punto di vista sociale due persone dello stesso sesso non costituiscono né una coppia, né una famiglia. La società ha bisogno della coppia uomo/donna perché essa è alla base del senso stesso dell’unione, nonchè dell’apertura verso l’avvenire». Sono le parole di monsignor Tony Anatrella (nella foto), accademico francese, psicanalista e specialista di fama internazionale in psichiatria sociale. Docente delle Libere facoltà di filosofia e psicologia di Parigi e del Collège des Bernardins, già consulente del Pontificio Consiglio per la famiglia e del Pontificio consiglio per la salute, domani sarà a Brescia in qualità di relatore al convegno dal titolo Famiglia= maschio+femmina? Ideologia di gender e natura umana. L’incontro si svolge a partire dalle 9.00 presso il Centro Pastorale Paolo VI ed è promosso dagli uffici Famiglia e pastorale della salute della Diocesi di Brescia insieme al Gruppo Lot, Alleanza cattolica, gruppo AGAPO, Obiettivo Chaire e Scienza e Vita Brescia. Il convegno si propone di riflettere sulla negazione della differenza tra uomo e donna, sul diritto a tutti i costi di scegliere il proprio orientamento sessuale, il tipo di coppia e i ruoli genitoriali ai quali ciascuno può aspirare.

Monsignor Anatrella, ha ancora senso oggi considerare la coppia nucleo originario della famiglia, come composta da un maschio e una femmina? Oppure questa non è altro che una delle possibili opzioni tra diversi tipi di “coppia”?

«Nel momento in cui riflettiamo sulla coppia e la famiglia, dobbiamo tener conto della realtà delle cose. Gli uomini e le donne esistono e, di fatto, la loro presenza e la loro relazione hanno già un senso: sono i soli che formano una coppia dal momento che sono diversamente sessuati. Non ci sono che due identità: quella dell’uomo e quella della donna, non ne esistono altre a meno di non confondere l’identità sessuale, di fatto maschile e femminile, con degli «orientamenti sessuali», ossia dei desideri.

Chi è attratto da persone dello stesso sesso ha adottato un’attitudine che è la conseguenza della storia che ha vissuto, dell’organizzazione della sua vita affettiva che manifesta come alcune fasi dello sviluppo psicologico non siano state affrontate. Si tratta di casi particolari che sono sempre esistiti e che dobbiamo approcciare con attenzione, stima e intelligenza. Tuttavia la questione che si pone oggi è quella di sapere se la vita coniugale e familiare può definirsi in rapporto all’omosessualità, in altre parole: possiamo approcciare l’omosessualità sul piano sociale nello stesso modo in cui l’approcciamo sul piano individuale? La risposta è: no.

Viviamo in un momento storico di grande confusione di pensieri, sentimenti e relazioni, in cui tutto risulta ingarbugliato, senza le distinzioni razionali che invece sono necessarie. Da un punto di vista sociale due persone dello stesso sesso sono in una relazione speculare e dentro il diniego dell’alterità sessuale, esse non costituiscono né una coppia, né una famiglia. La società ha bisogno della coppia uomo/donna perché essa è alla base del senso stesso dell’unione, nonchè dell’apertura verso il futuro. In quanto tali, maschio e femmina aprono all’avvenire indipendentemente e aldilà dell’ essere procreatori, sono all’origine della storia. Un uomo e una donna che si sposano e formano una famiglia portano gioia e buonumore alle proprie famiglie d’origine, agli amici e alla società. Con loro e grazie a loro la vita continua, mentre intorno ci vengono proposte alternative che sono fuori dalla logica dell’alleanza, della generazione e della trasmissione, quest'ultime sono delle soluzioni narcisistiche che portano ad un vicolo cieco».

Il pensiero dominante cerca di convincerci che i concetti di «madre» e «padre» siano di fatto soltanto delle convenzioni culturali e che gran parte dei problemi delle famiglie possa essere risolto suddividendo i compiti tra i genitori. La maternità e la paternità sono davvero funzioni sociali intercambiabili?


«Si tratta di una visione semplicistica. Siccome non sappiamo più fare la distinzione tra uomini e donne, non siamo più in grado di dire cosa siano davvero maternità e paternità. Viviamo in una società matriarcale in cui il modello dominante è quello della donna e della mamma, gli uomini sono invitati ad allinearsi a questo archetipo recitando la parte della «mamma bis», come ho scritto nel mio libro La differenza vietata, edito da Flammarion, il padre deve confondersi con la madre e riproporre la sua immagine. Ora, il padre non è materno, nemmeno quando si occupa del nutrimento del figlio, è paterno. Per questo è più indicato che il bimbo venga nutrito dalla mamma ed sia tenuto in braccio da lei, soprattutto nei primi mesi di vita, periodo in cui il bimbo acquista fiducia staccandosi progressivamente da chi lo ha tenuto nove mesi in grembo. Intendiamoci, il padre può certamente occuparsi di lui e fornire tutte le cure necessarie, ma siccome il bambino è stato nel grembo della madre, quando nasce sviluppa un contatto corporale unico con lei, ha ancora bisogno della mamma per sentirsi al sicuro e svilupparsi a sua immagine. Poi, progressivamente, imparerà a differenziarsi grazie alla presenza del padre. Il papà e la mamma non hanno le stesse funzioni: la mamma protegge, stimola il bambino attraverso il linguaggio e lo risveglia affettivamente, mentre il padre, che è di sesso differente rispetto alla mamma, differenzia il bambino, gli svela la sua identità e il significato delle leggi del mondo, per questa ragione l’uno e l’altra sono complementari. Il discorso sulla divisione dei compiti è molto ambiguo e rischia di sfociare in conflitti, che nel contesto della famiglia ognuno possa portare il proprio contributo è senz’altro una cosa vera e buona, ma l’idea che i ruoli possano essere intercambiabili non è realista».

Le teorie di genere affermano che non esistono una natura femminile e una maschile, ma semplicemente un corpo che non è determinante per l’identità sessuale…


«Siamo in pieno idealismo. Queste teorie sviluppano una falsa nozione di natura che non vuole riconoscere che c’è una struttura femminile o maschile dalla quale uomini e donne dipendono. I teorici del gender sono nella negazione del corpo quando Judith Bulter afferma che «il corpo è una materia neutra», non nel senso che esso risulta flessibile alla volontà, che gli riconosce dei limiti, ma nel senso che diventa possibile collocarlo dentro identità diverse e varie: quella dell’uomo, quella della donna, dell’omosessuale, del transessuale e altri. La psicanalisi freudiana lo ha dimostrato ma anche l’esperienza di ciascuno di noi lo prova: l’uomo e la donna sviluppano la propria psicologia in estensione all’interiorizzazione del proprio corpo sessuato. Si tratta di un riflesso fisico che opera durante l’infanzia e l’adolescenza mentre il soggetto si scopre e si accetta.

Tuttavia ci sono dei casi individuali in cui dei soggetti non accettano il proprio corpo mentre alcuni altri sono convinti che la natura abbia sbagliato. Il loro corpo autentico è rappresentato dall’idea che si fanno, che non corrisponde alla loro realtà personale: il corpo immaginato è quindi estraneo al corpo reale. Ora, l’uomo e la donna dipendono da un’identità sessuale di fatto, essa è un’eredità che ognuno è chiamato a integrare nella propria vita psichica. La società attuale non favorisce questo lavoro perchè a tratti esalta e a tratti disprezza il corpo. Le mode ne sono il riflesso: tatuaggi e piercing danno l’illusione di avere un corpo diverso, questo è il sintomo della difficoltà ad accettare e accogliere il proprio corpo. In un mondo che presenta il corpo attraverso orrori e mostri, noi invece rimarchiamo la bellezza e l’importanza del corpo umano, che è la persona stessa».

Nel contesto attuale la tendenza è quella di lasciarci intendere che ciascuno ha il diritto di scegliere il proprio orientamento sessuale, ci sono dei rischi in questo ?


«Questa concezione che si innesta sulla teoria di genere è frutto delle associazioni omosessuali. Appare piuttosto significativo osservare che la maggior parte delle nozioni che definiscono l’organizzazione della psicologia sessuale si trovano ad essere invertite, per esempio si parla di «orientamento sessuale» dove fino a poco tempo fa si parlava di desideri. Questo cambio lessicale è una manipolazione del linguaggio volta ad attribuire un carattere ontologico agli orientamenti sessuali, si cerca un’origine genetica, neurologia e ormonale per affermare che l’omosessualità e la transessualità sono del tutto naturali. Questi orientamenti hanno invece un’origine più complessa. Curiosamente, per tornare alla domanda precedente, si accetta il concetto di natura esteso in senso biologico ma si rifiuta il concetto di natura nel senso filosofico o psicologico del termine. Semplicemente, un «orientamento sessuale» non si sceglie, esso si impone perchè la sua origine è incosciente. Detto altrimenti nel momento in cui l’«orientamento sessuale» viene cercato come fine a se stesso, indipendentemente dall’identità sessuale, esso è sintomo di un problema psichico».

Si parla molto di matrimonio in crisi. Oggi la maggior parte delle persone di fronte ad una crisi di coppia pensa al modo indolore per separarsi o divorziare invece di interrogarsi sul modo giusto per affrontare le difficoltà e superarle, perchè?

«Molti, soprattutto fra i più giovani, non sanno fare coppia. Sono in grado di provarci, di avere esperienze sentimentali precarie, avere avventure sessuali, ma non sempre sanno come portare avanti una relazione. L’erotizzazione rapida dei rapporti costituisce spesso un serio handicap per avere une visione globale della propria persona, dell’altro e dell’avvenire. Di fronte a numerosi fallimenti, la tendenza è quella di smettere di credere all’amore anche se, in realtà, molti non l’hanno mai vissuto. Hanno vissuto esperienze sentimentali e sessuali, ma un esperienza dell’amore implica caratteristiche particolari e differenti.

Questo è così vero che la generazione attuale non è in grado di affrontare le crisi, i conflitti e le incomprensioni relazionali, la maggior parte delle volte i giovani non sanno scegliere il partner e dunque la relazione non dura. Anche la convivenza, simbolo apparente di una relazione adulta, si gioca in terreno equivoco: siamo insieme ma senza impegnarsi. Le relazioni dunque restano superficiali e si organizzano principalmente attorno alla vita domestica e all’impiego del tempo senza progetti a lungo termine, per questo può finire in qualunque momento.

Una volta sposati sono in molti a incontrare le stesse difficoltà perchè la cultura non ci insegna a fare coppia tra uomo e donna, essa ci propone piuttosto come riferimento il modello di coppia adolescente in cui rapidamente si arriva al punto di lasciarsi, senza riflettere, ecco perchè spesso ho parlato di società adolescentrica. Il divorzio è un autentico flagello che crea insicurezza nella società, che si infantilizza sempre di più. Agevolandolo, la società perde il senso del fidanzamento, dell’affrontare le tappe della vita di coppia e dell’affrontare e risolvere le crisi. Non è che un modo di prolungare l’infanzia, in cui gli adulti sembrano compiacenti perché essi stessi non sembrano in grado di diventare maturi».

Quali sono le condizioni per una relazione autentica e duratura ?


«Una relazione autentica implica che l’uomo e la donna abbiano riflettuto e siano preparati a vivere all’interno di un quadro sociale di grandi contraddizioni. I giovani s’abituano a vivere da soli, organizzano la loro vita affettiva nell’autosufficienza della psicologia del celibato, e poi sperimentano la difficoltà di fare posto all’altro, vanno supportati. Ultimamente ha preso piede una moda che vuole che le giovani spose, una volta la settimana, escano tra amiche come ai bei tempi dell’adolescenza, ma questa abitudine certamente non favorisce lo sviluppo della coppia.

Il discorso sociale che confonde il maschile e il femminile fa in modo che l’uomo e la donna non sappiano tener conto della psicologia differente del coniuge. I due proiettano semplicemente sull’altro le proprie categorie e i propri modelli di pensiero. L’uomo immagina che la donna funzioni psicologicamente come lui e viceversa, questo è l’origine di tutti i malintesi.

Affinchè il matrimonio duri, sono necessarie alcune condizioni psicologiche e spirituali: bisogna avere il desiderio di impegnarsi in un progetto comune, in funzione di questo impegno liberamente assunto verranno trattati i problemi relazionali. Il mito della trasparenza in cui ci si dice tutto è un’illusione, una falsa verità, non si tratta di mentire o ingannare l’altro, ma di mantenere la distanza necessaria per favorire una relazione in autentica verità. Inoltre il senso della fedeltà è un’altra componente indispensabile nel matrimonio, perchè niente di duraturo può vedere l’atto sessuale dissociato dall’impegno amoroso.

Infine, in una prospettiva cristiana, la relazione coniugale radicata nell’amore è più strutturata rispetto a quella che si basa unicamente sui sentimenti o sull’attrazione sessuale dal momento che essa si deve nutrire nell’amore per rinforzare la relazione. La fonte dell’amore è in Dio che ne fa una ricchezza inesauribile per chi si impegna in nome Suo. Le coppie formate da un uomo e una donna sono l’avvenire della società».