sexta-feira, 2 de agosto de 2013

Francescani dell'Immacolata: commissariamento che fa discutere - di Massimo Introvigne

In NBQ 

È tutto un ribollire di blog. Quella che in Francia chiamano la «tradisfera», la galassia dei blog tradizionalisti, non fa che parlare del caso dei Francescani dell'Immacolata, la benemerita congregazione fondata in Italia da padre Stefano Maria Manelli, così ricca di vocazioni - conta oltre trecento frati - e di buone opere.  Con un decreto dell'11 luglio 2013 la Congregazione per i religiosi ha nominato per i Francescani dell'Immacolata un commissario apostolico, il cappuccino Fidenzio Volpi, di fatto esautorando il fondatore, precisando altresì che «il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni religioso della Congregazione dei Frati Francescani dell'Immacolata è tenuto a celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che, eventualmente, l'uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente autorizzata dalle competenti autorità per ogni religioso e/o comunità che ne farà richiesta».

Conosco e stimo da molti anni i Francescani dell'Immacolata. Li considero un grande dono alla Chiesa italiana e universale. Conosco anche i loro problemi - non sono certo che si possa dire lo stesso per tutti coloro che hanno commentato l'ultima vicenda -, e le ragioni che hanno indotto Benedetto XVI a ordinare una visita apostolica, disposta il 5 luglio 2012. La visita è stata richiesta dall'interno stesso dei Francescani dell'Immacolata, e non da uno sparuto gruppetto ma da superiori di case importanti, non solo a Roma.

Che cosa lamentavano costoro? Con riferimento a noti insegnamenti di Benedetto XVI, affermavano che tra i giovani frati, tra le suore dell'Immacolata e sulle riviste teologiche si fosse diffusa una «ermeneutica della discontinuità e della rottura» rispetto al Concilio Ecumenico Vaticano II, che ne leggeva alcuni documenti - i testi, non solo le loro interpretazioni postconciliari - come in contrasto radicale con il Magistero precedente. La stessa interpretazione di «discontinuità» era data alla riforma liturgica: non solo si celebrava la Messa antica, ma si considerava in qualche modo «inferiore» - in qualche caso, addirittura «sospetta» - la Messa nel rito ordinario successivo alla riforma, e questo particolarmente presso le suore. Da informazioni in mio possesso, il visitatore accertava che una buona parte dei Francescani dell'Immacolata condivideva, a vario titolo e con diverse gradazioni, queste critiche. Vi si aggiungeva - purtroppo - una certa litigiosità interna per questioni anche personali, che in modo umano, troppo umano, spesso è presente negli ordini religiosi e ha accompagnato nei secoli la gloriosa storia della famiglia francescana.

Di qui il provvedimento vaticano - una medicina dura, ma sollecitata da una parte non piccola degli stessi malati -, del quale è bene conoscere la genesi esatta ma che nello stesso tempo solleva qualche legittimo interrogativo, per due ordini di motivi.

Il primo è che Papa Francesco ha messo in guardia, ancora domenica scorsa a Rio, contro due pericoli che corre la Chiesa: una deriva gnostica, illuminista e relativista - quella progressista - e una deriva che chiama «pelagiana», una rigidità fondata sul sogno di un ritorno a un passato che non può tornare, propria di certi ambienti ultra-conservatori. A un osservatore esterno, che pure accolga con deferenza l'insegnamento pontificio sul secondo rischio, quello ultra-conservatore, il primo - il rischio progressista - appare sociologicamente e teologicamente ben più presente nella Chiesa. Questa giustamente vigila sulle deviazioni dell'uno e dell'altro segno: ma colpisce che il primo provvedimento di un certo peso da qualche anno a questa parte sia preso nella direzione dove i rischi, pur presenti, appaiono oggettivamente meno diffusi. La riforma della Curia di Papa Francesco dovrà curare che i provvedimenti vaticani non siano, e neppure appaiano, troppo simili a quelli dei giudici italiani che, quando indagano sui politici, sembrano spesso occuparsi con zelo e urgenza solo di una parte.

La seconda domanda riguarda la Messa tradizionale. Premesso che chi ritiene che quello della Messa sia l'unico motivo che ha indotto alcuni autorevoli Francescani dell'Immacolata a richiedere la visita apostolica non conosce a fondo i fatti, molti si chiedono se il provvedimento, nella parte relativa al Vetus Ordo, non contraddica il motu proprio di Benedetto XVI «Summorum Pontificum» del 2007, che liberalizzava l'uso del vecchio rito per tutti i sacerdoti. Il quadro giuridico cui fa riferimento la Congregazione dei Religiosi è l'art. 3 dello stesso motu proprio di Benedetto XVI, relativo ai religiosi, dove si legge: «Le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo l’edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunità o un intero Istituto o Società vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari».

Certamente la frase del decreto relativa ai Francescani dell'Immacolata patisce qualche problema di scrittura, perché sembra che ai sacerdoti dell'ordine sia ora vietata, senza autorizzazione, anche la celebrazione meramente privata - distinta da quella comunitaria o conventuale - del Vetus Ordo, che secondo l'art. 2 del Motu proprio del 2007 è invece libera per qualunque altro sacerdote di rito latino senza bisogno di alcun permesso dei superiori. Certamente sul punto sono auspicabili chiarimenti da parte del nuovo Commissario, così com'è auspicabile che ai fedeli che normalmente si recano a Messe «Vetus Ordo» celebrate dai Francescani dell'Immacolata sia comunque assicurata la possibilità di assistere alla Messa nel rito che hanno indicato di preferire.

Mi sembra tuttavia esagerato - si tratta, è chiaro, di un'opinione personale, né dispongo di sfere di cristallo per prevedere un futuro che potrebbe smentirmi - vedere nel decreto sui Francescani dell'Immacolata la prima avvisaglia di un'offensiva della Santa Sede contro chi celebra secondo il rito straordinario. Lo fanno molte altre comunità religiose, che non hanno patito alcuna molestia. Nel 2011 la Congregazione per la Dottina della Fede pubblicò l'Istruzione «Universae Ecclesiae», approvata «speciali modo» da Benedetto XVI, sull'applicazione del motu proprio «Summorum Pontificum». Tale Istruzione, all'art. 19, precisa che per potersi avvalere del diritto a chiedere la celebrazione con il Vetus Ordo i fedeli «non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria». Non solo validità, ma anche legittimità. Questo è tuttora la stato dell'arte.

Si può celebrare la Messa Vetus Ordo, per gli ordini religiosi, con le precisazioni dell'art. 3 del Motu proprio. Ma le sanzioni scattano se questa celebrazione diventa occasione per mettere in discussione la legittimità (non solo la validità) della Messa celebrata secondo la riforma liturgica, o se si accompagna all'insegnamento rispetto al Vaticano II di qualunque forma, che sia fondata su argomenti storici o teologici, della «ermeneutica della discontinuità e della rottura», nella sua versione «anticonciliarista» - l'espressione è di Benedetto XVI, che distingue l'anticonciliarismo dal «progressismo sbagliato», due versioni uguali e contrarie dello stesso errore.

Si può certamente auspicare - l'ho scritto più sopra - che si usi, e si dia anche l'impressione di usare, uguale severità nei confronti del «progressismo sbagliato» rispetto a quella mostrata per l'«anticonciliarismo». Ma la condanna di entrambi gli errori è di Benedetto XVI: non l'ha certo inventata Papa Francesco. Rimanendo fedeli al Papa e alla Chiesa - che è poi il più bell'insegnamento di padre Manelli, il loro fondatore - stiamo vicini in quest'ora difficile ai Francescani dell'Immacolata, e soprattutto preghiamo per loro.

quarta-feira, 31 de julho de 2013

NOTA SEMI-UFFICIALE DEI FRANCESCANI DELL'IMMACOLATA - di P. Rosario M. Sammarco, FI

In BB

Accettiamo e obbediamo alle disposizioni S. Sede: chi userà questa vicenda per andare contro il Papa o la Gerarchia Cattolica, andrà contro lo spirito del nostro istituto


Poiché da qualche ora è rimbalzata su diverse testate la notizia dell'ordine impartitoci dalla S. Sede di non celebrare la Messa Tridentina ritengo utile fare alcune precisazioni, che non hanno carattere "ufficiale" in quanto, pur potendo operare di mia responsabilità a causa dell'incarico che ho, non ho ancora sentito i Superiori. Agisco, tuttavia, potendo dire cosa sta succedendo e cosa i Superiori pensano, per cui non temo smentite. Mi rendo conto che forse queste precisazioni non soddisferanno tanti, ma è opportuno farle e a chi non dovesse essere contento chiedo la carità di un pudico rispetto verso il nostro Istituto Religioso. La notizia in questione si trova sul Blog Messa in Latino e sul Blog "Settimo Cielo" di Sandro Magister, ed è autentica per quanto non sia stata riportata in modo corretto. Non è stata ancora pubblicata sul sito dell'Istituto in quanto si attendono istruzioni nel merito, anche perché è una faccenda che riguarda l'Istituto Religioso come tale. Messa in Latino della notizia ha pubblicato solo la parte che più interessava e che ha delle conseguenze esterne immediate: la sospensione della Messa Tridentina. Magister arriva a citare il decreto (non si sa come avuto) e fa delle sue considerazioni, peraltro senza avere una conoscenza esatta della questione.

Il dato di fatto è questo: il 12 luglio la Congregazione per i Religiosi e gli Istituti di Vita Consacrata ha emanato un decreto nel quale, tra le altre cose stabilisce la rimozione del Consiglio Generale dei Frati Francescani dell'Immacolata (a partire dal Ministro Generale, P. Stefano M. Manelli) e ordina a tutti i sacerdoti Francescani dell'Immacolata la sospensione della celebrazione della Messa Tridentina e del Breviario Tridentino, lasciando tuttavia ai singoli sacerdoti e alle singole comunità la facoltà di chiedere al nuovo Commissario di poter nuovamente tornare a celebrare tanto l'una che l'altro e al medesimo Commissario quella di approvare o negare tale permesso caso per caso. Per evitare spiacevoli situazioni dovute ad impegni già presi, oralmente il Commissario incaricato, il Padre Fidenzio Volpi, OFM Cap, ha concesso a voce la facoltà di fare queste celebrazioni, dove necessario, fino al 12 agosto.

L'intervento del S. Padre e della Congregazione si è reso necessario dopo aver ricevuto notizie di problemi suscitati nell'Istituto in materia liturgica.
 
Alla luce di questo, mi sembra pertanto poco fondata la preoccupazione espressa da Sandro Magister che tale divieto possa essere esteso prima o poi anche a tutti i sacerdoti, in contrasto con il Motu Proprio Summorum Pontificum, e che lo stesso S. Padre abbia agito, di fatto, contro quello che sarebbe stato l'atteggiamento di Benedetto XVI.
 
Il dato di fatto è che il S. Padre si è trovato con un rapporto davanti, e dopo averlo studiato ha messo in atto quelle misure che a suo prudente giudizio erano atte a tutelare tanto l'Istituto, quanto il suo ruolo nella Chiesa.
 
Circa i contenuti di quel rapporto, il numero dei frati coinvolti, e tante altre faccende a riguardo non è possibile né al sottoscritto, né ad alcun altro, fare valutazioni.
 
Le indagini e il tempo diranno la loro sulla responsabilità di ciascuno.
 
L'Istituto come tale accetta le disposizioni della S. Sede e obbedisce.
 
E proprio perché obbedisce, rifiuta con forza qualunque tentativo, da qualsivoglia parte provenga, di strumentalizzare questa vicenda a danno della persona e dell'autorità del Romano Pontefice felicemente regnante.
 
Chi volesse utilizzare questa situazione interna nostra per andare contro il Papa o giustificare sue prese di posizione contro il Papa e la Gerarchia Cattolica, qualunque cosa possa dire, va contro lo spirito dei Fondatori dell'Istituto e contro l'Istituto stesso.

Nota di BastaBugie: questa nota è stata pubblicata con il titolo "Piccola nota semi-ufficiale a proposito del divieto fattoci di celebrare la Messa Tridentina" dall'amministratore del Profilo Facebook dei Francescani dell'Immacolata e responsabile del portale www.immacolata.com
 
Fonte: Profilo Facebook FI, 29 luglio 2013

The Latin Mass and the Franciscans of the Immaculate - by Dr Taylor Marshall

In CT

Pope Francis has instructed that the Franciscans of the Immaculate may not celebrate the Extraordinary Form of the Roman Rite. No more Latin Mass for the FIs – without permission.

Readers of my blog know that I am an associate member of the Franciscan of the Immaculate’s MIM. I’ve been a fan of the Franciscans of the Immaculate for awhile now.

So what’s going on?

The order’s founder is Father Stefano Manelli. He is a man known for his sanctity. He received his first Holy Communion from Padre Pio in 1938. He is also the author of one of my favorite books on Mary, Devotion to Our Lady. I give out copies of this book.

Over time Father Manelli has gravitated toward the Latin Mass of 1962, the Latin Breviary of 1961, and to Msgr. Brunero Gherardini’s reading of Vatican II.

Here is my subjective, non-authoritative, outsider’s interpretation of the facts:

1. Fr Manelli has been using his moral authority as founder of the order to privilege the Latin Missal of 1962 and the Latin Breviary. The Italian FIs generally followed their founder’s lead.

2. Certain FI voices (especially in America) disagreed with this traditional trajectory. They held that the order had been founded with the Novus Ordo. According to them, it was irresponsible to have religious friars and sisters formed in the Novus Ordo and the vernacular Liturgy of the Hours to then be asked to make the move to the Latin texts.

3. Father Angelo Mary Geiger of the FIs in the United States has expressed his concern that the FIs are sipping from the radical traditionalist cool aid. In case you don’t know what “radical traditionalism” looks like, here’s a snap shot:

a) the denial of the Jewish holocaust
b) the outright denial of Vatican 2 as a valid council
c) rhetorical style of the Rorate Caeli blog
d) the embrace of isolationist sub-culture of Catholicism or “Amish Catholicism”
e) the denial the charismatic gifts and the charistmatic movement
f) sympathy for the Bp Williamson’s style of traditionalism
g) disdain for Pope John Paul II and Pope Francis
h) the belief that Latin Mass Catholics are “A Team” and Novus Ordo Catholics are “B Team”
i) Gnostic ecclesiology – that “traditionalists” form the one true invisible Catholic Church

I really don’t think that most people attending the Latin Mass are all that close to the radical traditionalism expressed in the points above. However, I do believe that when Father Angelo threw pasta on the wall, some of it did stick.

Here are a few things to keep in mind before you freak out, despair, and write a blog comment on how Pope Francis is “persecuting” people.

1) We’re dealing with Franciscans. Infighting, replacing the founder (St Francis himself!), and papal interventions are almost essential part of the Franciscan’s perennial charism. The story isn’t over. This could take a few decades.

2) Before you vent, go pray the Rosary and drink a cold beer in your backyard. This is not the end of Summorum Pontificum. Relax.

3) From what I know, the Latin Mass is a symbolic chess piece in the FI civil war – for both sides. The pope has taken this piece off the game board. This may be temporary until things are settled. Which leads me to…

4) The FIs could go back to the Latin Mass. In the new rule, they can still ask for permission from competent authorities for pastoral reasons. I have no doubt that they will do this. Let’s see what happens. My bet is that the Holy See is afraid that love for the Latin Mass is being positioned as fidelity to the Founder of the the FIs. Once this association is dissolved, I can see the FIs being free to employ the Latin Mass as before.

5) If you love the Latin Mass, remember that Latin Mass PEOPLE are the greatest enemies of the Latin Mass movement. I love the Latin Mass. However, if I were Pope Francis and read the comments at Rorate Caeli, I’d be tempted to shut it all down. It looks sinful and disgusting from the outside. Keep a lock on your lips. Stay out of traddy online forums/blogs. Pray more. Complain less.

Remember the words of Saint Paul:

“And do ye all things without murmurings and hesitations; That you may be blameless, and sincere children of God, without reproof, in the midst of a crooked and perverse generation; among whom you shine as lights in the world.” (Phil 2:14-15)

Pray for the FIs. I imagine that many are in need of our friendship and support.



Il “caso” dei Francescani dell’Immacolata - di Roberto de Mattei

In CR 

Il “caso” dei Francescani dell’Immacolata (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/ 1350567) si presenta come un episodio di gravità estrema, destinato ad avere all’interno della Chiesa conseguenze forse non previste da chi incautamente lo ha posto in atto.

La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata (conosciuta come Congregazione per i Religiosi), con un suo Decreto dell’11 luglio 2013, firmato dal cardinale prefetto João Braz de Aviz e dall’arcivescovo segretario José Rodriguez Carballo, ofm, ha esautorato i superiori dei Francescani dell’Immacolata, affidando il governo dell’Istituto ad un “commissario apostolico”, il padre Fidenzio Volpi, cappuccino.

Per “blindare” il decreto, il card. João Braz de Aviz, si è munito di un’approvazione “ex auditu”, di Papa Francesco, che toglie ai Frati ogni possibilità di appello alla Segnatura Apostolica. Le ragioni di questa condanna, che ha la sua origine in un esposto alla Congregazione per i Religiosi di un gruppo di frati dissidenti, restano misteriose. Dal decreto della Congregazione e dalla lettera inviata ai Francescani il 22 luglio dal nuovo Commissario, gli unici capi di accusa sembrano essere quelli di scarso «sentire cum Ecclesia» e di eccessivo attaccamento al Rito Romano antico.

In realtà ci troviamo di fronte ad una palese ingiustizia nei confronti dei Francescani dell’Immacolata. Questo istituto religioso, fondato dai padri Stefano Maria Manelli e Gabriele Maria Pellettieri, è uno dei più fiorenti che vanta la Chiesa, per il numero delle vocazioni, l’autenticità della vita spirituale, la fedeltà all’ortodossia e alle autorità romane. Nella situazione di anarchia liturgica, teologica e morale in cui oggi ci troviamo, i Francescani dell’Immacolata dovrebbero essere presi come un modello di vita religiosa. Il Papa si richiama spesso alla necessità di una vita religiosa più semplice e sobria.

I Francescani dell’Immacolata si distinguono proprio per l’austerità e la povertà evangelica con cui, fin dalla loro fondazione, vivono il loro carisma francescano. Accade invece che, in nome del Papa, la Congregazione dei religiosi azzeri il governo dell’Istituto, per trasmetterlo ad una minoranza di frati ribelli, di orientamento progressista, ai quali il neo-commissario si appoggerà per “normalizzare” l’Istituto, ovvero per condurlo al disastro a cui fino ad ora era sfuggito grazie alla sua fedeltà alle leggi ecclesiastiche e al Magistero.

Ma oggi il male viene premiato e il bene punito. Non sorprende che ad esercitare il pugno di ferro nei confronti dei Francescani dell’Immacolata sia quello stesso Cardinale che auspica comprensione e dialogo con le suore eretiche e scismatiche americane. Quelle religiose predicano e praticano le teorie del gender, e dunque si deve dialogare con esse. I Francescani dell’Immacolata predicano e praticano la castità e la penitenza e perciò con essi non c’è possibilità di comprensione. Questa è la triste conclusione a cui giunge inevitabilmente un osservatore spassionato.

Uno dei capi di imputazione è di essere troppo attaccati alla Messa tradizionale, ma l’accusa è pretestuosa, perché i Francescani dell’Immacolata sono, come si suol dire, “bi-ritualisti”, ovvero celebrano la nuova Messa, e l’antica, come è loro concesso dalle leggi ecclesiastiche vigenti. Posti di fronte ad un ingiusto ordine, c’è da immaginare che alcuni di essi non rinunceranno a celebrare la Messa tradizionale, e faranno bene a resistere su questo punto, perché si tratterà di un gesto non di ribellione ma di obbedienza. Gli indulti e privilegi a favore della Messa tradizionale non sono stati abrogati e hanno una forza giuridica maggiore del decreto di una congregazione, e perfino delle intenzioni di un Papa, se non si esprimono in un chiaro atto giuridico.

Il cardinale Braz de Aviz sembra ignorare l’esistenza del motu proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, del suo decreto applicativo, l’Istruzione Universae Ecclesiae del 30 aprile 2011, e della commissione Ecclesia Dei, annessa alla Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui oggi la Congregazione per i Religiosi invade il campo.

Qual è l’intenzione della suprema autorità ecclesiastica? Sopprimere l’Ecclesia Dei e abrogare il motu proprio di Benedetto XVI? Lo si dica esplicitamente, perché possano esserne tratte le conseguenze. E se così non è, perché porre in atto un decreto inutilmente provocatorio nei confronti del mondo cattolico che si richiama alla Tradizione della Chiesa? Tale mondo è in fase di grande espansione, soprattutto tra i giovani, e questa è forse la ragione principale dell’ostilità di cui oggi è oggetto.

Infine, il Decreto costituisce un abuso di potere che riguarda non solo i Francescani dell’Immacolata e coloro che impropriamente sono definiti tradizionalisti, ma ogni cattolico. Esso rappresenta infatti un allarmante sintomo di quella perdita della certezza del diritto che sta avvenendo oggi all’interno della Chiesa. La Chiesa infatti è una società visibile, in cui vige il «potere del diritto e della legge» (Pio XII, Discorso Dans notre souhait del 15 luglio 1950). Il diritto è ciò che definisce il giusto e l’ingiusto e, come spiegano i canonisti, «la potestà nella Chiesa deve essere giusta, e ciò è richiesto dall’essere della stessa Chiesa, il quale determina gli scopi e i limiti dell’attività della Gerarchia. Non qualunque atto dei sacri Pastori, per il fatto di provenire da loro, è giusto» (Carlos J. Errazuriz, Il diritto e la giustizia nella Chiesa, Giuffré, Milano 2008, pp. 157) .

Quando la certezza del diritto viene meno, prevale l’arbitrio e la volontà del più forte. Accade spesso nella società, può accadere nella Chiesa, quando in essa la dimensione umana prevale su quella soprannaturale. Ma se non c’è certezza del diritto, non c’è regola di comportamento sicura. Tutto è lasciato all’arbitrio dell’individuo o di gruppi di potere, e alla forza con cui queste lobby sono capaci di imporre la propria volontà. La forza, separata dal diritto, diviene prepotenza e arroganza.

La Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è un’istituzione giuridica, basata su di una legge divina, di cui gli uomini di Chiesa sono i depositari, e non i creatori o i padroni. La Chiesa non è un “soviet”, ma un edificio fondato da Gesù Cristo in cui il potere del Papa e dei vescovi va esercitato seguendo le leggi e le forme tradizionali, radicate tutte nella Rivelazione divina. Oggi si parla di una Chiesa più democratica e ugualitaria, ma il potere viene esercitato spesso in maniera personalistica, in spregio alle leggi e alle consuetudini millenarie. Quando esistono leggi universali della Chiesa, come la bolla di san Pio V Quo primum (1570) e il motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum, è necessario, per mutarle, un atto giuridico equivalente. Non si può ritenere revocata una legge precedente se non con un atto esplicitamente abrogativo di uguale portata.

Per difendere la giustizia e la verità all’interno della Chiesa, confidiamo nella voce dei giuristi, tra i quali sono alcuni eminenti cardinali, che hanno ordinato secondo il Rito “straordinario” i Frati Francescani dell’Immacolata e ne conoscono la vita esemplare e lo zelo apostolico. Ci appelliamo soprattutto a Papa Francesco, perché voglia ritirare le misure contro i Francescani dell’Immacolata e contro il loro uso legittimo del Rito Romano antico.

Qualunque decisione sia presa non possiamo nascondere il fatto che l’ora che vive oggi la Chiesa è drammatica. Nuove tempeste si addensano all’orizzonte e queste tempeste certamente non sono suscitate né dai Frati, né dalle Suore Francescane dell’Immacolata. L’amore alla Chiesa, cattolica apostolica e romana li ha sempre mossi e muove noi a prendere le loro difese. La Madonna, Virgo Fidelis, suggerirà alle coscienze di ognuno, in questi difficili frangenti la giusta strada da seguire.



Homosexuality and forgiveness: the Pope's surprising message - by Phil Lawler

In Catholic Culture 

Pope Francis did not alter Church teaching or discipline when he told reporters that he would not judge a homosexual priest. But he did send a very important signal about his pastoral priorities. Most journalists, I’m afraid, have missed that message.

Context is everything. To understand the Pope’s remarks, one must recognize that he was responding to a particular question on a delicate subject: a question about reports that the newly appointed prelate of the Vatican bank, Msgr. Battista Ricca, had a history of scandalous homosexual affairs.

Sando Magister, an influential reporter who covers Vatican affairs for the Italian journal L’Espresso, had proclaimed the Ricca affair the first key test for Pope Francis and his plans for reform. Magister had published the accusations against Msgr. Ricca, insisted on their accuracy, and charged that the “gay lobby” at the Vatican whitewashed the prelate’s record to smooth the way for his appointment.

Pope Francis replied to the question by saying that he had investigated the charges and found nothing damaging to Msgr. Ricca. He might have stopped with that; he had answered the question. But the Pope went further—apparently because he wanted to say something about the question of homosexuality.

If Msgr. Ricca had been guilty of homosexual acts in the past, the Pope indicated, he would not necessarily be disqualified from a sensitive Vatican post. “So many times I think of St. Peter,” the Pope said. “He committed one of the worst sins, denying Christ. And with this sin they made him Pope.”

(My quotations from the Pope here are taken from the valuable but incomplete transcript provided by John Allen of the National Catholic Reporter. Presumably the Vatican will furnish a full transcript soon.)

Sinners can be forgiven, the Pope told the reporters. Sinners can work at the Vatican. Actually, the Vatican staff is composed exclusively of sinners. He cautioned reporters against digging into the past misdeeds of their subjects; that approach is “dangerous,” he said. It is also un-Christian; as Jesus offers forgiveness, so should his followers.

So the Pope did not say that homosexual actions were acceptable. Nor did he say that homosexuals should be welcomed into the priesthood. His statement was perfectly in keeping with current Church teaching and with current Vatican policies.

Nevertheless, the Holy Father obviously had a reason for making these comments. He was indicating that he does not intend to root out all Vatican officials who might have homosexual inclinations. Those inclinations, he said quite clearly, are not the crucial problem.

What is the crucial problem? Pope Francis said that the fundamental issue—remember, in the context of Vatican reform—is the existence of a “lobby.” He spoke of his determination to eliminate any sort of lobby: a lobby of greedy clerics, a lobby of Masons, a political lobby, or, yes, a lobby of homosexuals. If there is a “gay lobby” at the Holy See, the Pope has set out to eliminate it. Far from dismissing that possibility, the Pope said quite clearly that the drive to rout the in-house lobbies is “the most serious problem for me.”

There were two messages, then, in the Pope’s comments. First, he is not interested in a purge of Vatican officials who may have homosexual tendencies. Second, he is very much interested in ensuring that gay clerics do not constitute an active faction within the Vatican bureaucracy—just as he is interested in reforms that will prevent political and commercial interests from forming any such faction.

Read in context, the Pope’s comments show a determination to pursue real reform, ridding the Vatican bureaucracy of special interests. At the same time he has indicated that this reform must be guided by the basic principles of Christian charity. He does not want to punish corrupt Church officials; he wants to convert them into effective apostolic workers.

During an entirely different portion of his in-flight interview, the Holy Father made a very revealing comment about the challenges facing the Catholic Church today. Answering a question about divorced and remarried Catholics, the Pope said: “I believe this is a time of mercy, a change of epoch.”

“A change of epoch”—that is a very striking phrase, a hint that the Pope sees his own plans for Church reform as part of a historic shift. Throughout these first months of his pontificate, Francis has spoken frequently about God’s infinite mercy. He wants to proclaim that mercy, and he wants to practice it. This is the key message of the Pope’s exchange with reporters. God forgives; the Pope forgives; the Church forgives. Spreading this message of mercy is the top priority of his pontificate, and the guiding principle for the reforms he is preparing to undertake.


terça-feira, 30 de julho de 2013

Transcrição completa da entrevista do Papa Francisco aos jornalistas na viagem de regresso a Roma

ATICANO, 29 Jul. 13 / 11:01 am (ACI).- El Papa Francisco sorprendió hace unas horas a las decenas de periodistas que lo acompañaron en el vuelo de regreso a Roma, al improvisar una rueda de prensa. Sus respuestas ya comenzaron a dar la vuelta al mundo y las tergiversaciones también. Compartimos la transcripción que hizo el diario español El Mundo.
 
Transcripción de las respuestas del Papa en el avión / Diario El Mundo:
 
Buenas tardes. Muchas gracias. Estoy contento. Ha sido un viaje hermoso. Espiritualmente me ha hecho bien. Estoy bastante cansado, pero con el corazón alegre. Me ha hecho bien. Encontrarte la gente te hace bien porque el Señor trabaja en cada uno de nosotros. Trabaja en el corazón. La riqueza del Señor es tanta que siempre podemos recibir tantas cosas hermosas de los otros. Esto me hace bien a mí. Como primer balance. 
 
Luego, la bondad y el corazón del pueblo brasileño es grande. Es un pueblo amable, que ama la fiesta, que en el sufrimiento siempre encuentra un camino para buscar el bien en alguna parte. Esto hace bien. Un pueblo alegre. Un pueblo que ha sufrido tanto. Es contagiosa la alegría de los brasileños. Tiene un gran corazón este pueblo.
 
Luego, los organizadores, tanto de nuestra parte como de los brasileños... me he sentido que estaba delante de un ordenador. La encarnación del ordenador [señala a Gasbarri]. De verdad, estaba todo cronometrado. Luego hemos tenido problemas con la hipótesis de la seguridad. La seguridad por allí y por aquí. No ha habido ni un incidente en todo Río de Janeiro en estos días. 
 
Todo era espontáneo. Con menos seguridad yo he podido ir con la gente, abrazarles, saludarles, sin coches blindados. La seguridad de fiarse de un pueblo. De verdad que siempre hay el peligro de que haya un loco, de que haya un loco que haga algo. Pero también está el Señor. Hacer un espacio blindado entre el obispo y el pueblo es una locura. Prefiero esta locura, fuera, tener el riesgo de la otra locura, la locura fuera. La cercanía nos hace bien a todos.
 
Luego la organización de la jornada, no esta precisa, todo, la parte artística, la parte religiosa, la parte catequética, la parte litúrgica, ha sido bellísima. También ellos tienen una capacidad de expresarse con el arte. Ayer, por ejemplo, han hecho cosas bellísimas, bellísimas.
 
Luego, Aparecida. Para mí ha sido una experiencia religiosa fuerte. Recuerdo la V conferencia. Fui allí a rezar, a rezar. Quería ir allí solo, un poco escondido, pero había una muchedumbre impresionante y no era posible. Eso lo sabía antes de llegar. Hemos rezado. No sé.
 
Una cosa... El trabajo vuestro ha sido, me dicen, yo no he leído diarios estos días ni he visto la televisión, no he tenido tiempo, pero me dicen que ha sido un trabajo bueno, bueno, bueno. Gracias. Gracias por la colaboración que vosotros habéis ofrecido.
 
Luego está el número de los jóvenes. Hoy no puedo creerlo, pero hoy el gobernador hablaba de tres millones. No puedo creérmelo, pero desde el altar, no sé si alguno de vosotros ha estado en el altar, desde el altar hasta el final estaba toda la playa llena, hasta la curva. Más de 4 kilómetros. Tantos jóvenes. Dicen, me ha dicho monseñor Tempesta, que eran de 178 países. También el vicepresidente me ha dicho este número. Eso es seguro. Es importante.
 
- Santidad, buenas noches. En nombre de todos los compañeros le queremos agradecer estos días que nos ha regalado en Río de Janeiro, el trabajo que ha hecho y el esfuerzo que le ha supuesto. Y también, en nombre de todos los periodistas españoles, les queremos agradecer las plegarias y los rezos por las víctimas del accidente ferroviario de Santiago de Compostela. Muchísimas gracias. La primera pregunta no tiene mucho que ver con el viaje, pero aprovechamos la ocasión de que nos da esta posibilidad y quería preguntarle: Santidad, en estos cuatro meses de pontificado hemos visto que ha creado varias comisiones para reformar la Curia vaticana. Quisiera preguntare: ¿qué tipo de reforma tiene en mente? ¿Contempla la posibilidad de suprimir el IOR, el llamado banco del Vaticano?
 
- Los pasos que fui dando en estos cuatro meses y medio vienen de dos vertientes. El contenido de lo que había que hacer, todo, viene de la vertiente de las congregaciones generales que tuvimos los cardenales. Fueron cosas que los cardenales pedimos al que iba a ser el nuevo Papa. Yo me acuerdo que pedía muchas cosas, pensando en otro (risas) Pedíamos que había que hacer esto... 
 
Por ejemplo, en la comisión de ocho cardenales, es importante tener una consulta outsider, no las consultas que se tienen, sino outsider. Esto va en la línea, y aquí hago como una abstracción, en la línea de la maduración de la relación entre sinodalidad y primado. Estos ocho cardenales favorecen la sinodalidad. Ayudan a que los diversos episcopados del mundo se vayan expresando en el mismo gobierno de la Iglesia
 
Hay muchas propuestas que se hicieron que aún no están puestas en práctica como la reforma de la secretaría del sínodo, en la metodología, cómo la comisión postsinodal, que tenga carácter permanente de consulta, cómo los consistorios cardenalicios con temáticas no tanto formales como por ejemplo una canonización, sino con otras temáticas, etcétera. La vertiente de los contenidos viene de ahí.
 
La segunda vertiente es la oportunidad. Te confieso que a mí no me costó, al mes de pontificado, armar la comisión de los ochos cardenales. 
 
La parte económica pensaba tratarla el año que viene, porque no es lo más importante que hay que tocar. Sin embargo, la agenda se cambió debido a unas circunstancias que ustedes conocen, que son de dominio público, y que aparecieron problemas y había que enfrentarlos. El primero el problema del IOR: cómo encaminarlo, cómo delinearlo, cómo reformularlo, cómo sanear lo que haya que sanear. Ahí está la primera comisión de referencia. 
 
Ustedes conocer el quirógrafo, sus integrantes, lo que se pide... Después tuvimos la reunión de la comisión de los 15 cardenales que se ocupan de los aspectos económicos de la Santa Sede. Son de todas partes del mundo. Y allí, preparando la reunión, se vio la comisión de hacer una misma comisión de referencia para toda la economía de la Santa Sede. Se tocó el problema económico fuera de agenda, pero estas cosas suceden en el oficio de gobierno. Uno va por aquí pero le patean un golazo de allá y lo tiene que atajar, ¿no es cierto? La vida es así y eso es lo lindo de la vida.
 
Respecto a la pregunta que me hacía del IOR. Perdón estoy hablando en castellano (cambia al italiano) No sé cómo terminará el IOR. Algunos dicen que tal vez es mejor que sea un banco, otro que es mejor que sea un fondo de ayuda, otros dicen que hay que cerrarlo. Se escuchan estas voces. Yo no sé, me fío del trabajo de las personas del IOR, que están trabajando cone sto. también de la comisión. El presidente del IOR continúa, el que había antes, mientras que el director y el vicedirector han presentado su dimisión. 
 
No sé decirle cómo terminará esta historia. Esto es también hermoso. Se busca, se encuentra. Somos humanos. Debemos encontrar lo mejor, pero las características del IOR sea un banco, un fondo o lo que sea, sus características deben ser transparencia y honestidad. Debe ser así. Gracias.
 
- Santo Padre, mi pregunta es tal vez indiscreta. Ha dado la vuelta al mundo la fotografía de cuando hemos partido de usted, que sube la escalerilla del avión llevando un maletín negro. Ha habido artículos en todo el mundo comentando esta novedad. Ha habido hipótesis de qué contenía el maletín. ¿Por qué la ha llevado usted y no un colaborador? ¿Nos puede decir que era dentro?
 
- No había dentro la llave de la bomba atómica. La llevaba porque siempre lo he hecho. Cuando viajo la llevo. Dentro llevo la cuchilla de afeitar, el breviario, la agenda, un libro para leer. Llevo uno sobre Santa Teresita, de la que soy devoto. Siempre llevo el maletín cuando viajo, es normal. Debemos ser normales. Es un poco extraño lo que me dices que ha dado la vuelta al mundo esa foto. Debemos habituarnos a ser normales. La normalidad de la vida
 
- Santidad, ¿por qué usted pide tan insistentemente que se rece por usted? No es normal o habitual escuchar tanto a un Papa que pide que recen por él.
 
-Yo siempre he pedido esto. Cuando era sacerdote lo pedía pero no tan frecuentemente . He comenzado a pedirlo con cierta frecuencia en el trabajo de obispo. Siento que si el Señor no ayuda en este trabajo, para que el pueblo de Dios vaya hacia adelante, uno no puede. 
 
Yo me siento de verdad con tantos límites, con tantos problemas, también pecador. Vosotros lo sabéis. Debo pedir esto, me viene de dentro. También a la Virgen le pido que rece por mí al Señor. Es una costumbre que me viene de fuera, también de la necesidad que tengo por mi trabajo. Siento que debo pedirlo. Es así.
 
- Santidad, en la búsqueda de hacer estos cambios, usted dijo al grupo de América Latina que hay tantos santos que trabajan en el Vaticano, pero también personas que son un poco menos santas. ¿Ha encontrado resistencia a su deseo de cambiar las cosas en el Vaticano? La segunda pregunta es: usted vive de un modo muy austero en Santa Marta, ¿quiere que sus colaboradores, también los cardenales, sigan este ejemplo y vivan en comunidad o es algo sólo para usted?
 
- Los cambios vienen también de dos vertientes. Lo que los cardenales hemos pedido y lo que viene de mi personalidad. Usted hablaba de que me he quedado en Santa Marta. Pero no podría vivir solo en el palacio, no es lujoso. El apartamento pontificio no es tan lujoso, es amplio y grande, pero no lujoso. Pero yo no puedo vivir solo o con un pequeño grupito. Necesito a gente, encontrarme con la gente, hablar con la gente. 
 
Por eso cuando los chicos de las escuelas jesuitas me han preguntado que si era por austeridad o por pobreza, les he dicho que no. Es por motivos psiquiátricos, porque psicológicamente no puedo. Cada uno debe llevar adelante su vida con su modo de vivir y de ser. Los cardenales que trabajan en la Curia no viven como ricos o fastuosos. Viven en apartamentitos, son austeros los que conozco. 
 
Cada uno debe vivir como el Señor le pide que viva. La austeridad , una austeridad general creo que es necesaria para todos, para todos los que trabajamos en el servicio de la Iglesia. Hay muchas tonalidades de austeridad, cada uno de buscar su camino. 
 
Respecto a los santos, es verdad: hay santos en la curia. Cardenales, sacerdotes, obispos, monjas, laicos... Es gente que reza, que trabaja mucho y que también va al encuentro de los pobres. A escondidas. Yo sé de algunos que dan de comer a los pobres o que en su tiempo libre acuden a hacer ministerio en una iglesia o en otra. Hay santos en la curia. Aunque también hay alguno que no es tan santo. Y esos son los que hacen más ruido. 
 
Ya sabéis que hace más ruido un árbol que cae que un bosque que crece. Y me duelen esas cosas. Hay algunos que dan escándalo. Tenemos este monseñor en prisión, creo que aún sigue en prisión, y no ha ido a la cárcel porque se pareciera precisamente a la beata Imelda... No era un santo. Son escándalos y hacen daño.
 
Una cosa que nunca he dicho antes y de la que me he dado cuenta: creo que la curia ha caído de nivel respecto al que tenía en los tiempos de los viejos curiales, fiel, que hacía su trabajo. Necesitamos esas personas. Creo que hay, pero no tantas como en una época. El perfil del viejo curial, yo lo llamo así; tenemos que tener más de esos.
 
Sobre si encuentro resistencia…: si hay resistencia por ahora yo no la he visto. Es verdad que no he hecho tantas cosas. Lo que si he encontrado es ayuda y gente leal. 
 
Por ejemplo, a mi me gusta cuando una persona me dice: ´Yo no estoy de acuerdo´, y esto lo he encontrado. ´Yo esto no lo veo, no estoy de acuerdo, yo se lo digo y luego haga lo que quiera´: alguien que te dice eso es un verdadero colaborador, y eso lo he encontrado. Pero esos que te dicen: "Ay, qué bonito, qué bonito, qué bonito", y luego dicen lo contrario en otra parte, todavía no me he dado cuenta. Quizás hay alguno, pero no me he dado cuenta de estas resistencias. En cuatro meses no se pueden encontrar muchas.
 
- La sociedad brasileña ha cambiado, los jóvenes han cambiado. Usted no ha hablado sobre el aborto ni sobre el matrimonio ente personas del mismo sexo. En Brasil se ha aprobado una ley que amplía el derecho al aborto y otra que contempla los matrimonios entre personas del mismo sexo. ¿Por qué no ha hablado sobre eso?
 
- La Iglesia se ha expresado ya perfectamente sobre eso, no era necesario volver sobre eso, como tampoco hable sobre la estafa, la mentira u otras cosas sobre las cuales la Iglesia tiene una doctrina clara. No era necesario hablar de eso, sino de las cosas positivas que abren camino a los chicos. Además los jóvenes saben perfectamente cuál es la postura de la Iglesia.
 
- ¿Pero cuál es su postura en esos temas?
 
- La de la Iglesia, soy hijo de la Iglesia.
 
- Desde el 13 de marzo usted se presenta como obispo de Roma con una enorme y fortísima insistencia. Nos gustaría saber el sentido profundo de esta insistencia, si tal vez más que la colegialidad está relacionado con el ecumenismo, con el ser primus inter paris...
 
- En esto no se debe ir más allá de lo que se dice. El Papa es obispo, es obispo de Roma . Y porque es obispo de Roma es sucesor de Pedro, vicario de Cristo. Son otros títulos, pero el primer título es obispo de Roma y de ahí viene todo. Pensar que esto quiere decir ser primus inter paris no, eso no, no es consecuencia de esto. Es simplemente que es el primer título del Papa. Ha hablado de ecumenismo. Creo que esto favorece un poco el ecumenismo, pero sólo eso.
 
- Una pregunta sobre sus sentimientos. Hace unas semanas, a un niño que le preguntó cómo se sentía y si deseaba ser Papa, le dijo que había que estar loco para ello. Después de su primera experiencia multitudinaria como han sido estos días en Río, me pregunto si nos puede contar como se siente siendo Papa, si es un trabajo duro, si es feliz siéndolo y si de alguna manera ha acrecentado su fe o si por el contrario ha tenido alguna duda...
 
- Hacer el trabajo de obispo es una cosa bonita, es bonito. El problema es cuando uno busca ese trabajo, eso ya no es tan bonito, eso no es del Señor. Pero cuando el Señor llama a un sacerdote a convertirse en obispo eso es bonito. Existe siempre el peligro de creerse un poco superior a los otros, no como los demás, un poco príncipe…. Son peligros y pecados. Pero el trabajo de obispo es bonito, es ayudar a los hermanos a avanzar. 
 
El obispo delante de los fieles para señalar el camino, el obispo en medio de los fieles para ayudar a la comunión, el obispo detrás de los fieles porque los fieles con frecuencia tienen el olfato de la calle. Me preguntaba si me gusta…. Sí, me gusta ser obispo. En Buenos Aires he sido muy feliz. He sido feliz, el Señor me ha asistido en eso. Como obispo he sido feliz, como sacerdote he sido feliz. En ese sentido me gusta.
 
- ¿Y ser Papa le gusta?
 
- Si, también. Cuando el Señor te pone ahí, si tú haces lo que el Señor te pide eres feliz. Eso es lo que siento.
 
- Le hemos visto estos días lleno de energía, incluso por la noche tarde, y le vemos ahora que está tranquilamente de pie mientras el avión se mueve muchísimo. Se habla mucho de próxios viajes, se habla de Jerusalén, de Argentina... ¿Tiene ya un calendario definido para el próximo año?
 
- Definido, definido no hay nada. Pero puedo hablar de cosas que estamos pensando. Definido 22 de septiembre Cagliari. Después, el 4 de octubre, Asís. También tengo en mente, dentro de Italia, ir un día a ver a mi familia. Cogerme un avión por la mañana y volver en otro por la noche, mis familiares, pobrecillo, me llaman, tenemos una buena relación. 
 
Fuera de Italia el patriarca Bartolomeo I quiere hacer un encuentro para conmemorar los 50 años del encuentro entre Atenágoras y Pablo VI en Jerusalén. El Gobierno israelí nos ha hecho una invitación especial para ir a Jerusalén, el Gobierno de la Autoridad Palestina creo que lo mismo. Esto se está pensando, aún no se sabe si se hará o no se hará. 
 
En América Latina creo que no hay posibilidad de volver, porque el Papa latinoamericano, que acaba de hacer el primer viaje a Latinoamérica…... Adiós. Debemos  esperar un poco. 
 
Creo que se puede ir a Asia, pero está todo en el aire. He recibido invitaciones para ir a Sri Lanka y a Filipinas. A Asia se debe ir. El Papa Benedicto XVI no ha tenido tiempo de ir a Asia, y es importante. Fue a Australia, Europa, América, pero no a Asia. 
 
Ir a Argentina yo creo que se puede esperar un poco, porque yo creo que todos estos viajes de los que le he hablado tienen una cierta prioridad. Yo quería ir a Constantinopla el 30 de septiembre para visitar a Bartolomeo I pero no es posible. No es posible por mi agenda. Si podemos el encuentro lo haremos en Jerusalén.
 
- Cuando se ha reunido con los jóvenes argentinos, un poco en broma y un poco en serio les ha dicho que a veces se sentí enjaulado. ¿A qué se refería exactamente?
 
- ¿Usted sabe la de veces que he tenido ganas de pasear por las calles de Roma? Porque a mi me gusta andar por las calles, me gustaba tanto y en ese sentido me siento un poco enjaulado. Pero debo decir que los de la Gendarmería vaticana son buenos, son realmente buenos y yo les estoy agradecido. Ahora me dejan hacer algunas cuantas cosas más, pero es su deber garantizar la seguridad. 
 
»Enjaulado en ese sentido, de que a mi me gusta andar por la calle, pero entiendo que no es posible, lo entiendo. Lo dije en ese sentido. Porque, como decimos en Buenos Aires, yo era un sacerdote callejero. (Preguntaba por el tiempo porque deben servir la cena... ¿Tenéis hambre?)
 
P.- En Brasil la Iglesia católica está perdiendo fieles. ¿El movimiento Renovación Carismática es una posibilidad de evitar que los fieles se vayan a iglesias pentecostales?
 
-Es cierto lo que usted dice de la baja de fieles. Es cierto. Hemos hablado con los obispos brasileños del problema en una reunión que hemos tenido ayer. Usted preguntaba sobre el movimiento de la Renovación Carismática. Pero les digo algo, a fines del 70, inicios 80, yo no los podía ver. Una vez, hablando de ellos, había dicho esta frase: «estos confunden una celebración litúrgica con una escola de samba». ¡Eso había dicho! Me arrepentí. 
 
Después conocí mejor, es verdad que el movimiento tiene buenos asesores y ha ido en un buen camino. Ahora creo que este movimiento hace mucho bien a la Iglesia, vive en la Iglesia. En Buenos Aires me reunía a menudo y una vez por año hacía una misa con todos ellos en la Catedral. Pero los he favorecido, me convertí, he visto el bien que hacían. Porque en este momento de la Iglesia y amplío un poco la respuesta, creo que los movimientos son necesarios. 
 
Los movimientos son una gracia del Espíritu. ¿Pero como se puede sostener un movimiento que es tan libre? ¡Es que la Iglesia es libre! El Espíritu Santo hace lo que quiere, después él hace el trabajo de la armonía. Pero creo que los movimientos son una gracia, esos movimientos que tienen el Espíritu de la Iglesia. Por eso creo que el movimiento de Renovación Carismática no sólo sirve para evitar que algunos pasen a los pentecostales, sino que sirven a la Iglesia misma, que se renueva. Cada uno busca el movimiento según su carisma, donde lo lleva el Espíritu.
 
- ¿Está cansado?
 
- No estoy casado, yo estoy soltero. (risas)
 
- Usted dijo que la Iglesia sin la mujer pierde fecundidad. ¿Qué medidas concretas tomará por alcanzar esto, una mujer jefe dicasterio? Y una pregunta técnica: ¿en el avión pidió un acondicionamiento especial?
 
- Empezamos por lo último: este avión no tiene ningún acondicionamiento especial. Yo estoy adelante, tengo un buen asiento, común. Yo hice escribir una carta e hice hacer un llamado telefónico para decir que yo no quería acondicionamientos especiales. ¿Está claro?
 
Segundo, la mujer: una Iglesia sin mujeres es como el Colegio Apostólico sin María. El rol de la mujer en la Iglesia no es sólo la maternidad, la madre de familia, sino que es más fuerte, es el icono de la Virgen, de la Madonna, esa que ayuda a crecer a la Iglesia. 
 
Piensen que la Virgen es más importante que los apóstoles. La Iglesia es femenina, es esposa, es madre. El rol de la mujer en la Iglesia no es sólo el de mamá, que trabaja, que me da… es otra cosa. Los papas, Pablo VI escribió una cosa lindísima sobre las mujeres, pero creo que debemos ir más adelante en la explicitación de este rol y carisma de la mujer en la Iglesia. 
 
No se puede entender una Iglesia sin mujeres, pero mujeres activas en la Iglesia, con su perfil, que llevan adelante. Yo pienso, un ejemplo que no tiene nada que ver con la Iglesia, pero es un ejemplo histórico en América Latina: Paraguay. Para mí la mujer del Paraguay es la mujer más gloriosa de América latina. quedaron después de la guerra OCHO mujeres por hombre. Y estas mujeres hicieron una elección difícil: la de tener hijos para salvar la patria, la cultura, la fe y la lengua. 
 
En la Iglesia hay que pensar en la mujer en esta perspectiva de elecciones arriesgadas, pero como mujer, hay que explicitar. Creo que aún no hemos hecho aún una profunda teología en la Iglesia. Sólo un poco de eso, un poco de aquello, lee la lectura, mujeres monaguillo, es la presidenta de Cáritas... Pero hay más, hay que hacer una profunda Teología de la mujer. Esto es lo que pienso.
 
- Santidad, buenas noches, queríamos saber cuál es su relación de trabajo, no tanto amistosa, de colaboración, con Benedicto XVI. No ha habido antes una circunstancia así y si tiene contactos frecuentes y si lo está ayudando en la carga.
 
- La última vez que hubo dos papas o tres papas no se hablaban entre ellos, se estaban peleando a ver quién era el verdadero. Tres llegaron a haber durante el Cisma de Occidente. Hay algo que califica mi relación con Benedicto: yo lo quiero mucho. Siempre lo quise mucho, para mí es un hombre de Dios, es un hombre humilde, que reza. Yo fui muy feliz cuando fue electo Papa.
 
También cuando él renunció para mí fue un ejemplo de un grande, un hombre de Dios, un hombre de oración. Él ahora vive en el Vaticano y algunos me dicen "pero cómo se puede hacer esto, dos papas en el Vaticano, pero no te molesta, él no te hace la revolución en contra?". Todas las cosas que dicen, no? 
 
Pero yo encontré una frase para esto: es como tener al abuelo en casa, pero el abuelo sabio, en una familia el abuelo está en casa, es venerado, es amado, es escuchado. El es un hombre de una prudencia, no se mete. Yo lo dije muchas veces: "Santidad, haga su vida, venga con nosotros". Él vino para la inauguración de la estatua de San Miguel…. Para mí, esa frase dice todo: es como tener el abuelo en casa, es mi papá. 
 
Si yo tuviera una dificultad o tengo algo que no he entendido, puedo llamarlo. Y cuando fui para hablar de ese problema grande de Vatileaks él me dijo todo con una simplicidad. No sé si saben cuando nos habló en el discurso de despedida, el 28 de febrero, entre ustedes está el próximo Papa y yo prometo obediencia. Esto es grande, es un grande.
 
- Santo Padre buenas noches, gracias por haber traido tanta alegria para Brasil y gracias por responder preguntas. Quisiera saber porque usted ayer dijo a los obispos brasileños sobre la participación de las mujeres en la Iglesia. ¿Cómo debe ser participación de las mujeres en la Iglesia? Qué piensa de ordenación de las mujeres?
 
- Como dije, sobre la participación de las mujeres en la Iglesia no nos podemos cerrar a que hagan las mujeres monaguillo, a la presidenta de Cáritas, a la catequista, tiene que haber algo más, con lo que dije de la Teología de la Mujeres. 
 
En cuanto a la ordenación de las mujeres la Iglesia ha hablado y dice no. Lo ha dicho Juan Pablo II, pero con una formulación definitiva. Esa puerta está cerrada. Pero sobre esto quiero decirles algo: la Virgen María era más importante que los apóstoles y que los obispos y que los diáconos y los sacerdotes. 
 
La mujer en la Iglesia es más importante que los obispos y que los curas. ¿Cómo? Esto es lo que debemos tratar de explicitar mejor. Creo que falta una explicación teológica sobre esto.
 
- Santo Padre, en este viaje usted ha hablado más de una vez de la misericordia. En cuanto al acceso de los sacramentos de los divorciados vueltos a casr, ¿existe la posibilidad de que algo cambie en la disciplina de la Iglesia y que estos sacramentos sean una ocasión de acercar a estas personas y ni una barrera?
 
- Este es un tema que se pregunta siempre. La misericordia es más grande de los casos de que usted habla. Creo que este cambio de época y también tantos problemas de la Iglesia como los testimonios de algunos sacerdotes no buenos, de corrupción de la Iglesia, también el problema del clericalismo, ha dejado muchos heridos. 
 
Y la Iglesia es madre, debe ir a curar a los heridos con misericordia. Pero si el Señor no se cansa de perdonar, nosotros no tenemos otra elección que ésa. Primero de todo, curar los heridos. La Iglesia es mamá. Debe ir en este camino de la misericordia, encontrar una misericordia para todos. 
 
Pienso que cuando el hijo pródigo volvió a casa, el papá no le dijo ´¿quién sos? ¿qué hiciste con el dinero´. No, hizo una fiesta. Quizás luego, cuando el hijo quiso hablar, habló. Pero no sólo esperó, fue a encontrarlo. Esto es misericordia, esto es kairos. 
 
Esta primera intuición la tuvo Juan Pablo II, cuando él comenzó con Faustina Kowalska, la divina Misericordia, había intuido que era una necesidad de este tiempo. 
 
En cuanto el problema de la comunión a las personas en segunda unión -porque los divorciados sí pueden hacer la comunión-, creo que esto es necesario mirarlo en la totalidad de la pastoral matrimonial. Esto es un problema. 
 
Pero abro un paréntesis: los ortodoxos tienen una praxis diferente, ellos siguen la teología de la economía, hacen una segunda posibilidad y cierro paréntesis. Creo que este problema hay que estudiarlo en el marco de la pastoral matrimonial. Y por eso uno de los temas a consultar con estos 8 del consejo de cardenales, que nos reuniremos el 1, 2, 3 de octubre, es cómo seguir adelante en la pastoral matrimonial. 
 
Y otra segunda cosa, estuvo conmigo hace pocos días el secretario del sínodo de obispos, para el tema del próximo sínodo, es un tema antropológico, pero hablando y hablando vimos que este tema antropológico hay que tratarlo en la pastoral matrimonial profundo. Estamos en camino hacia una pastoral matrimonial profunda, es un problema y hay tantos problemas. 
 
Les digo una: mi antecesor, el cardenal Quarracino decía que la mitad de los matrimonios eran nulos porque se casan sin madurez, se casan sin darse cuenta de que es por toda la vida, quizás se casan por motivos sociales… y esto entra en la pastoral matrimonial. 
 
Y también el problema judicial de la nulidad de matrimonios también eso debemos revisar porque los tribunales eclesiásticos no bastan para eso. Es complejo el problema de la pastoral matrimonial. Gracias.
 
- Buenas noches Santo Padre, quisiera saber si usted desde cuando es Papa todavía se siente jesuita.
 
- Es una pregunta teológica porque los jesuitas hacen votos de obediencia al Papa. Pero si el Papa es jesuita, quizás tiene que hacer voto de obediencia al Padre General de los Jesuitas (risas), no sé cómo se soluciona esto. 
 
Yo me siento jesuita en mi espiritualidad, en la espiritualidad de los ejercicios, en la espiritualidad que tengo en el corazón. Tanto me siento jesuita que en tres días iré a festejar con los jesuitas en la Iglesia de San Ignacio , haré una misa a la mañana, no he cambiado espiritualidad, sigo pensando como jesuita, no hipócritamente, pero pienso como jesuita.
 
- A los cuatro meses de su pontificado, ¿nos puede hacer un pequeño resumen? ¿Qué ha sido lo mejor, lo peor y qué le ha sorprendido más en este periodo?
 
- De verdad que no sé cómo responder a esta pregunta. Cosas malas no ha habido. Cosas buenas sí. Por ejemplo el encuentro con los obispos italianos. Ha sido muy bonito. 
 
Una cosa dolorosa, que me ha golpeado el corazón, fue la visita a Lampedusa. Cuando llegan estas barcas, los dejan a algunas millas de distancia de la costa y ellos tienen que llegar solos. Ha sido doloroso porque pienso que estas personas son víctimas del sistema socioeconómico mundial. 
 
Pero la cosa peor [tono de broma] fue una ciática, de verdad, la tuve en el primer mes. Fue dolorosísimo. No se la deseo a ninguno. He encontrado muchas personas en el Vaticano. Pero buenas, buenas, buenas.
 
- En nombre de los 50.000 argentinos que me encontré y me decían vas a viajar con el Papa preguntarle cuándo va a viajar pero ya dijo que no va a viajar, entonces le voy a hacer una pregunta más difícil. ¿Se asustó cuando vio el informe Vatileaks?
 
- No. Les voy a contar una anécdota sobre el informe Vatileaks. Cuando fui a ver al papa Benedicto, después de rezar en la capilla nos reunimos en el estudio y había una caja grande y un sobre. Benedicto me dijo: en esta caja grande están todas las declaraciones que han prestado los testigos. Y el resumen y las conclusiones finales están en este sobre. Y aquí se dice tal, tal, tal.… Lo tenía todo en la cabeza. Pero no, no me he asustado. Es un problema grande, pero no me he asustado.
 
-Dos cosas. La primera, ¿tiene la esperanza de que este viaje sirva para detener la pérdida de fieles que en Brasil ha sido muy fuerte? ¿Cree que su viaje puede contribuir a que la gente vuelva a la Iglesia? La segunda es más familiar: a usted le gustaba mucho la Argentina y llevaba muy en el corazón a Buenos Aires. Los argentinos se preguntan si usted no extraña ir en colectivo, andar por la calle...
 
- Un viaje papal siempre hace bien, pero no solo por la presencia del Papa, pero esta Jornada de la Juventud se han movilizado muchos jóvenes y ellos harán mucho bien a la Iglesia. Creo que esto será positivo pero no solo por el viaje, sino sobre todo por la jornada. Ha sido un evento maravilloso. Y de Buenos Aires, sí. Buenos Aires me falta. Pero es una falta serena. Yo creo que usted conoce mejor con el libro que ha escrito...
 
- Gracias por haber mantenido la promesa de mantener las preguntas a la vuelta. La pregunta: usted va a canonizar a dos grandes papas, a Juan XXIII y a Juan Pablo II, quería saber cuál es según usted el modelo de santidad del uno y del otro y el impacto que han tenido en la Iglesia y en usted.
 
- Juan XXIII es un poco la figura del cura de pueblo. El cura que ama a cada uno de sus fieles y sabe cuidar a sus fieles. Y esto lo ha hecho como arzobispo, como nuncio...… Es un cura de pueblo bueno, y con un sentido del humor muy grande y una gran santidad. 
 
Cuando era nuncio, algunos no lo querían mucho en el Vaticano y cuando llegaba a llevar cosas o a pedir alguna cosa en las oficinas, lo hacían esperar. Nunca se quejaba. Rezaba el rosario, leía el breviario... Era un hombre humilde. Y también alguien que se preocupaba por los pobres. 
 
Una vez, el cardenal Casaroli volvió de una misión creo que en Turquía o en la antigua Checoslovaquia y fue a verlo para informarle de la misión, en aquellos tiempos de la diplomacia de pequeños pasos. Cuando Casaroli se iba, lo paró y le dijo: excelencia, una pregunta: ¿usted continua yendo a visitar a aquellos jóvenes presos la cárcel de menores de Casal del Marmo? El cardenal le dijo que sí y Juan XXIII le pidió: no los abandone nunca. Era un grande. Un hombre que se dejaba guiar por el Señor. 
 
Y Juan Pablo II fue un gran visionario de la Iglesia. Un hombre que ha llevado el Evangelio a todos. Es un san Pablo. Un grande. Hacer la ceremonia de canonización juntas es un mensaje a la Iglesia: estos dos son buenos. 
 
Y también siguen su curso las causas de Pablo VI y del papa Luciani. Quería decir que la fecha de canonización yo pensaba en diciembre, pero hay un gran problema: los pobres que tienen que venir de Polonia. Porque los que tienen dinero pueden venir en avión, pero para los pobres que tengan que venir en autobús el viaje en diciembre es muy duro. Creo que habrá que repensar la fecha. Yo he hablado con el cardenal ... y hemos visto dos posibilidades, o Cristo Rey de este año o el domingo de la Misericordia del próximo año. Creo que es poco tiempo el Cristo Rey de este año. No sé, debo hablar otra vez con el cardenal X sobre esto.
 
- Quiero hacerle una pregunta un poco delicada. La historia de monseñor Ricca ha dado la vuelta al mundo, quería saber como va afrontar este asunto y todo lo relacionado con el lobby gay en el Vaticano.
 
- Con respecto a monseñor Ricca, he hecho lo que el derecho canónico manda hacer, que es la investigación previa. Y esta investigación no dice nada de lo que se ha publicado. No hemos encontrado nada. Pero yo querría añadir una cosa sobre esto. 
 
Yo pienso que tantas veces en la Iglesia, con relación a este caso y a otros casos, se va a buscar los pecados de juventud, por ejemplo. Y se publican. Pero si una persona –laica, cura, o monja— comete un pecado y luego se arrepiente, el Señor la perdona. Y cuando el Señor perdona, olvida. Y esto para nuestra vida es importante. Cuando confesamos, el señor perdona y olvida. 
 
Y nosotros no tenemos derecho a no olvidar. Porque corremos el riesgo de que el Señor no se olvide de lo nuestro. Es un peligro. Lo importante es hacer una teología del pecado. Muchas veces pienso en San Pedro. Hizo de los peores pecados, renegar de Cristo. Y con ese pecado lo hicieron Papa. 
 
Y respondiendo a su otra pregunta concreta, hemos hecho la investigación previa y no hemos encontrado nada. 
 
Luego usted hablaba del lobby gay. Se escribe mucho del lobby gay. Todavía no me encontrado con ninguno que me dé el carné de identidad en el Vaticano donde lo diga. Dicen que los hay. Cuando uno se encuentra con una persona así, debe distinguir entre el hecho de ser gay del hecho de hacer lobby, porque ningún lobby es bueno. Si una persona es gay y busca al Señor y tiene buena voluntad, ¿quién soy yo para criticarlo? El catecismo de la Iglesia católica lo explica de forma muy bella esto. Dice que no se deben marginar a estas personas por eso. Hay que integrarlas en la sociedad. El problema no es tener esta tendencia.
 
Debemos ser hermanos. El problema es hacer un lobby. De esta tendencia o lobby de los avaros, de los políticos, de los masones... Tantos lobbys. Este el problema más grande. Le agradezco tanto que me haya hecho esta pregunta. Gracias a todos.