Come è noto è in corso nelle aule parlamentari il dibattito sulla
proposta di legge anti-omofobia. Qual è l’atteggiamento che il politico
cattolico dovrebbe tenere nei confronti di questo testo? Quali i suoi
spazi di manovra leciti sul piano morale?
Ci viene in soccorso il numero 73 dell’Evangelium Vitae:
“Quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una
legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione
all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il
proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e
a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della
moralità pubblica” (in modo analogo si esprime la Congregazione per la
Dottrina della Fede nella Nota dottrinale circa alcune questioni
riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita
politica al numero 4). Ovviamente il caso dell’aborto può essere esteso
per analogia al caso di una legge come quella voluta dall’on.
Scalfarotto.
Questo passo dell’Evangelium Vitae fa venire in mente immediatamente
quegli emendamenti al testo presentato alla Camera che prevedono
clausole di garanzia per la libertà di espressione e la libertà
religiosa. Un modo – si potrebbe dire – per attenuare la portata lesiva
della proposta di legge. In linea teorica dunque il politico cattolico
che presentasse questi emendamenti migliorativi rientrerebbe nel caso
prospettato al numero 73.
Però occorre fare due rilievi: uno di ordine valutativo e un secondo attinente alle strategie
poste in campo. In merito al primo punto, viene da chiedersi se quella
condizione prevista da Giovanni Paolo II che riguarda l’inevitabilità
del varo di una legge ingiusta si sia effettivamente verificata nel caso
di specie. Siamo davvero così sicuri che il meteorite della legge
sull’omofobia colpirà il nostro italico stivale? Siamo certi che
un’opposizione radicale e a tutto campo a questa legge, opposizione che
coinvolga culturalmente anche il consesso sociale, non potrebbe sortire
l’effetto di scongiurare il varo della proposta di legge? Viene il
sospetto – ma è solo tale – che qualche politico cattolico quando
qualche mese or sono vide spuntare all’orizzonte questa proposta di
legge già si dichiarò sconfitto in anticipo.
Seconda nota di carattere strategico. Ammettiamo
invece che questa legge sicuramente passerà, cattolici volenti o
nolenti. Il Papa ci dice che non solo possiamo ma dobbiamo fare tutto il
possibile per limitare i danni. Una strada che si potrebbe
intraprendere è senza dubbio quella degli emendamenti. Però, ci viene da
obiettare, forse non è più efficace, anche in questo particolare
frangente, un’opposizione a tutto il testo, senza se e senza ma?
E’ stata da sempre la tattica riuscitissima usata dai radicali
per le campagne su divorzio, aborto, fecondazione artificiale e da
ultimo eutanasia. Chiedi cento e mal che vada ti daranno dieci. Se
chiedi dieci rischi di non avere nemmeno quello. La stessa strategia è
utilizzata dai movimenti pro-life negli States dove si alzano cartelli
con scritto “Stop abortion” senza specificare un limite temporale minimo
per l’accesso all’aborto, oppure dai gruppi contrari alla pena di morte
che non chiedono che il condannato venga ucciso senza farlo soffrire,
ma chiedono che non venga ucciso. Punto. E i risultati si vedono.
E poi vale l’insegnamento della storia: le leggi su
divorzio, aborto e Fivet non sono un po’ figlie di questa posizione
minimalista? A calcio il catenaccio serve sì per non prendere gol, però
non si segnerà mai e mai dunque si vincerà un campionato.
Un no a tutto il testo di legge porterebbe con sé anche altri due effetti positivi.
In primis manderebbe un segnale culturale forte. L’uomo della strada
non fa tanti distinguo tra legge sull’omofobia emendata e non emendata.
Opporsi in toto alla proposta avrebbe il merito di denunciare con
chiarezza quale è il vero DNA di questa legge: una norma liberticida e
che vuole imporre la cultura di genere.
Un secondo effetto positivo sarebbe di carattere personale per il politico cattolico.
Ne uscirebbe pulito dal punto di vista massmediatico, senza l’ombra di
collusioni o inciuci, perché avrebbe assunto una posizione chiara e
netta. I troppi distinguo portano con sé una lunga teoria di chiarimenti
su intenzioni e modalità attuative delle intenzioni stesse che in
genere interessano solo gli addetti ai lavori ma annoiano tutti gli
altri.
Un nota bene doveroso: le considerazioni appena espresse
in merito alla valutazione che questa legge può essere ancora uccisa
sul nascere e in merito all’inefficacia della strategia che si incardina
solo sulla presentazione di emendamenti: sono considerazioni ovviamente
opinabili, proprio perché attengono al campo dei giudizi operativi.
Non è opinabile invece la seguente considerazione: anche a fronte di un testo emendato in meglio il politico cattolico non può che votare contro questa legge.
La Congregazione per la Dottrina della Fede nel
documento Dichiarazione sull’aborto procurato al numero 22 scrive:
“Dev’essere, in ogni caso, ben chiaro che, qualunque cosa a questo
riguardo venga stabilita dalla legge civile, l’uomo non può mai ubbidire
ad una legge intrinsecamente immorale[…]. Egli non può né partecipare
ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad
essa il suffragio del suo voto”. Dunque una legge intrinsecamente
ingiusta non può essere votata.
Da qui la domanda: la legge sull’omofobia è una legge intrinsecamente immorale? Sì, perché si fonda sul concetto di “genere”, concetto che è in netto contrasto con la verità antropologica che vede l’uomo attratto dalla donna e viceversa. L’omosessualità è contro natura ed invece questa legge vuole imporre con il carcere l’idea che l’omosessualità sia cosa naturale. Poco importa che il concetto sia imbellettato da norme anti-discriminazioni et similia. E’ solo un cavallo di Troia per far passare una legge intrinsecamente ingiusta che rimarrebbe tale anche se emendata. Quello che si vuole vendere non è più tutela per le persone omosessuali, bensì l’omosessualità come orientamento normale.
Da qui la domanda: la legge sull’omofobia è una legge intrinsecamente immorale? Sì, perché si fonda sul concetto di “genere”, concetto che è in netto contrasto con la verità antropologica che vede l’uomo attratto dalla donna e viceversa. L’omosessualità è contro natura ed invece questa legge vuole imporre con il carcere l’idea che l’omosessualità sia cosa naturale. Poco importa che il concetto sia imbellettato da norme anti-discriminazioni et similia. E’ solo un cavallo di Troia per far passare una legge intrinsecamente ingiusta che rimarrebbe tale anche se emendata. Quello che si vuole vendere non è più tutela per le persone omosessuali, bensì l’omosessualità come orientamento normale.
Ora votare a favore di una legge come questa perché –
così si sostiene – perlomeno in tal modo si faranno passare gli
emendamenti migliorativi non è lecito sul piano morale. Perché quel voto
direbbe sì agli emendamenti e nello stesso tempo direbbe sì anche alle
altre parti della legge che accettano la cultura omosessualista.
L’Evangelium Vitae è chiara: il voto è lecito solo alle proposte “mirate a limitare i danni” (corsivo nel testo), non alle proposte mirate sia a limitare i danni che a provocarli seppur con minor carica virulenta. Il voto a tutta la legge Scalfarotto sarebbe da una parte un placet alla limitazione dei danni realizzata grazie agli emendamenti ma dall’altra anche un placet ai “danni” stessi, cioè a tutto il rimanente corpus. E’ un problema squisitamente morale: l’oggetto dell’azione sarebbe non solo la limitazione del danno ma anche la produzione del danno, cioè la generazione di un male morale. E mai si può compiere il male, anche a prezzo di essere costretti a vedere il varo della versione peggiore di una legge. In caso contrario cadremmo nell’utilitarismo: faccio il male ma in vista di un bene futuro.
L’Evangelium Vitae è chiara: il voto è lecito solo alle proposte “mirate a limitare i danni” (corsivo nel testo), non alle proposte mirate sia a limitare i danni che a provocarli seppur con minor carica virulenta. Il voto a tutta la legge Scalfarotto sarebbe da una parte un placet alla limitazione dei danni realizzata grazie agli emendamenti ma dall’altra anche un placet ai “danni” stessi, cioè a tutto il rimanente corpus. E’ un problema squisitamente morale: l’oggetto dell’azione sarebbe non solo la limitazione del danno ma anche la produzione del danno, cioè la generazione di un male morale. E mai si può compiere il male, anche a prezzo di essere costretti a vedere il varo della versione peggiore di una legge. In caso contrario cadremmo nell’utilitarismo: faccio il male ma in vista di un bene futuro.
Qualcuno dirà: meglio collaborare a fare il male minore,
piuttosto che lasciare mano libera agli altri di compiere il male
maggiore. Purtroppo, come accennato, il male anche se piccolo mai si può
compiere. Si può compiere solo il bene, a volte il maggior bene
possibile anche se non è quello perfetto.