I professionisti dell’anti-omofobia – uso
l’espressione nello stesso senso in cui lo scrittore Leonardo Sciascia
(1921-1989) denunciava severamente i «professionisti dell’antimafia» –
hanno finalmente gettato la maschera. Fino a ieri sostenevano che la
legge sull’omofobia non impedisce affatto la libera espressione di
opinioni sull’omosessualità, anche opposte alle loro. È bastato un
piccolo granellino di sabbia in quello che credevano fosse un
ingranaggio perfetto per indispettirli talmente da indurre a dire la
verità. Ed è partito il contrordine compagni: la legge sull’omofobia è
necessaria precisamente per impedire, brandendo la minaccia dell’azione
penale e del carcere, che qualcuno esprima liberamente idee in tema di
omosessualità difformi dall’omosessualismo dominante, perché queste idee
sono intollerabili e pericolose.
Il granello di sabbia si è manifestato nel corso della trasmissione «Unomattina Estate»
dello scorso 20 agosto, quando l’avvocato Giancarlo Cerrelli,
vice-presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, ha inflitto al
portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo, quello che in gergo
sportivo si chiamerebbe un cappotto. A Marrazzo, che sosteneva che una
legge sull’omofobia è necessaria per impedire che i gay siano fatti
oggetto di violenze e discriminazioni, Cerrelli ha replicato citando
leggi e giurisprudenza in base alle quali le aggressioni e le vere
discriminazioni degli omosessuali oggi in Italia sono già punite,
lasciando l’attivista omosessuale letteralmente senza parole. Cerrelli
lo ha incalzato elencandogli opinioni che, se liberamente espresse,
sarebbero punite dalla legge sull’omofobia italiana come lo sono da
analoghe leggi estere, fra cui quelle secondo cui la propria condizione è
percepita come un disagio da molti omosessuali, che ricorrono alle
cosiddette terapie riparative, o che l’atto omosessuale dal punto di
vista morale è sempre oggettivamente disordinato, che è poi
semplicemente quanto insegna il «Catechismo della Chiesa Cattolica».
Anche qui, gli oppositori non hanno potuto rispondere a Cerrelli –
perché non è vero – che, dopo l’approvazione della legge sull’omofobia,
queste opinioni potrebbero essere liberamente e tranquillamente
espresse, senza tema di manette.
Indispettite per il successo dialettico di Cerrelli
nel dibattito televisivo, le organizzazioni omosessuali hanno reagito
con la ormai abituale virulenza. Franco Grillini, presidente
dell’Arcigay, ha scritto in una nota che «il vizietto di confondere
scienza e fede o, peggio, di far passare come scientifici pregiudizi
sociali o religiosi costituisce un atto di indiscutibile disonestà che
se compiuto da professionisti persino iscritti all’albo vanno [sic]
segnalati come abuso e perseguiti come tali». Quello che è interessante,
qui, è l’invito a «perseguire» Cerrelli e il riferimento a
«professionisti pesino iscritti all’albo»: ispirato dal precedente
canadese che abbiamo documentato su queste colonne, Grillini sembra «consigliare» all’Ordine degli Avvocati di prendere provvedimenti contro il giurista cattolico.
Ma c’è di peggio. Sull’onda delle associazioni gay è intervenuta anche la politica.
Il deputato e capogruppo di Sinistra e Libertà in Commissione Ambiente
alla Camera dei Deputati, Alessandro Zan, ha pubblicato una nota
chiedendo che alla Rai sia impedito d’invitare nelle sue trasmissioni
«ospiti ultra cattolici e omofobi», chiedendo subito «l’intervento della
Commissione Parlamentare di Vigilanza». «È impensabile – scrive Zan –
che il servizio pubblico si faccia megafono di tesi, teorie e personaggi
che esprimono opinioni discriminanti». Con questa nota, il caso
Cerrelli – ma anche la discussione sull’omofobia – fa un salto di
qualità. Per chiunque si fermi un attimo a riflettere, si tratta di una
presa di posizione gravissima e totalitaria. Un esponente politico
chiede alla Rai d’imbavagliare una parte in una discussione politica e
culturale. Chi esprime opinioni contrarie all’ideologia dominante in
tema di omosessualità dev’essere silenziato ed escluso dal dibattito.
Il cerchio si è chiuso con un intervento, di non minore gravità, di Giuseppe Luigi Palma,
presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, il
quale ha dichiarato «gravissimo che i detrattori della legge
antiomofobia ripropongano, tra le altre, l’idea che […] l’orientamento
omosessuale sia da modificare, contraddicendo palesemente quanto,
invece, da anni sostiene la comunità scientifica internazionale che, a
ragione, ha da tempo rigettato le cosiddette terapie di conversione e
riparative. Affermare che l’omosessualità possa essere curata o che
l’orientamento sessuale di una persona si debba modificare, come
recentemente dichiarato dal vicepresidente Unione giuristi cattolici
italiani, è una informazione scientificamente priva di fondamento e
portatrice di un pericoloso sostegno al pregiudizio sociale ancora così
fortemente radicato nella nostra società, come dimostrano, purtroppo, i
sempre più diffusi fatti di cronaca. Ribadisco, se mai ce ne fosse
bisogno che gli psicologi, secondo il Codice deontologico, non possono
prestarsi ad alcuna ‘terapia riparativa’ dell’orientamento sessuale di
una persona».
La posizione dell’Ordine degli Psicologi italiano sulle terapie riparative è nota,
così come sono note le opinioni critiche di molti sull’Ordine degli
Psicologi in genere e sulle sue frequenti prese di posizione di natura
ideologica in particolare, che hanno spinto alcuni – dall’interno stesso
della professione psicologica – a richiedere l’abolizione di tale
Ordine. Ma anche in questo caso ora assistiamo a un salto di qualità.
S’impugna il randello per picchiare sull’avversario ideologico e si
chiede che a chi espone dottrine che Palma considera «pericolose» non
sia dato spazio in pubblico. E se le opinioni pericolose «sostengono il
pregiudizio sociale» – addirittura causano i suicidi, che è poi quanto
vuole dire Palma con riferimento ai «fatti di cronaca» – non appena
approvata la legge sull’omofobia queste opinioni diventeranno reati. E
magari un giudice chiamerà a testimoniare qualche gerarca dell’Ordine
degli Psicologi, il quale assicurerà che chiunque parli di terapie
riparative è un omofobo e quindi un delinquente. Del resto, si capisce
facilmente di quale natura siano i pregiudizi del suo presidente Palma
considerando che alle elezioni regionali pugliesi del 2010 è stato candidato nella lista di Nichi Vendola.
All’avvocato Giancarlo Cerrelli va tutta la nostra solidarietà.
In televisione, Cerrelli ha davvero combattuto la buona battaglia,
costringendo i promotori della legge sull’omofobia a gettare la maschera
e a rivelare che cosa pensano e che cosa vogliono davvero. Da oggi non è
più lecito per nessuno, magari per quieto vivere parlamentare o per
ragioni di convenienza politica, fingere di non avere capito. Lo scopo
della legge sull’omofobia è far tacere chiunque si permetta di esporre
opinioni contrarie all’ideologia omosessualista. Anzi, prima farlo
tacere e poi espellerlo dal suo ordine professionale e mandarlo in
prigione. Comunque la si pensi in materia di omosessualità, è essenziale
rendersi conto che stiamo assistendo alla posa della prima pietra di
quel carcere per tutti gli uomini e le donne libere che Benedetto XVI
chiamava «dittatura del relativismo», e che è la versione aggiornata
«gaia» dei totalitarismi del XX secolo.