quarta-feira, 10 de julho de 2013

Una tassa europea per promuovere i gay - di Tommaso Scandroglio

In NBQ

Gli obiettivi del millennio sono otto punti programmatici che tutti i 191 stati membri dell’ONU si sono impegnati a realizzare entro il 2015. Dato che questa data si avvicina e l’Unione Europea si è accorta che tali obiettivi sono ben lungi dall’essere stati raggiunti, ecco che si guarda già al dopo 2015 e si stilano le linee operative future per tutti i paesi europei.

Il 5 giugno scorso a tal proposito è stato approvato il “Report sugli obiettivi di sviluppo del millennio – definizione del quadro post-2015” elaborato dalla Commissione sviluppo del Parlamento europeo. Nella genericità e quindi fumosità di questo documento di 38 pagine si possono intravvedere sicuramente aspetti positivi in merito alla lotta alla povertà e alla discriminazione, nonché riguardo alla tutela dei diritti fondamentali per i cittadini europei. Ma se poi si gratta un po’ via la vernice dorata che è stata stesa sopra questi principi si scopre cose intende l’Unione europea per “povertà”, “discriminazione” e “diritti fondamentali”.

Ad esempio “l’eliminazione della povertà – si legge nel report - è una multi-lotta: la definizione [di povertà] dovrebbe essere ampliata invece di essere ristretta al solo problema dell’accesso ad una certa soglia monetaria”. E infatti la povertà secondo la Commissione sviluppo interessa anche la discriminazione di genere. La prova viene dal fatto che sotto il paragrafo “L’eliminazione della povertà” si può leggere: “si incoraggiano politiche di integrazione della parità di genere orientate alla crescita […] e di includere la parità di genere in tutte le politiche, programmi e le strategie dell’UE. […] Deve essere data particolare attenzione alla formazione di uomini e donne su questioni attinenti al genere nella scolarizzazione primaria, per cambiare gradualmente atteggiamenti e stereotipi sociali”.

Insomma il povero rimarrà tale se non si inchina all’ideologia gender. Non solo: per chi siede a Strasburgo il vero povero è colui che non può ricorrere ad aborto e contraccezione. Infatti sempre nel paragrafo dedicato alla povertà la Commissione “invita l’UE a difendere con forza il diritto ad un più alto standard di salute, compresa la salute sessuale e riproduttiva […] anche fornendo pianificazione familiare volontaria, aborti sicuri e contraccettivi”. Insomma un tempo se eri povero ti tiravano le pietre, ora i preservativi. Per paradosso forse era meglio prima.

Quindi la UE sciorina soluzioni sulla povertà ma mira a ben altro. E’ un po’ come la lima che i parenti dei carcerati cercavano di nascondere nelle arance quando andavano a trovarli. Io ti parlo di povertà ed intanto ti sdogano il pensiero gay e l’aborto.

In Europa sono davvero ossessionati da aborto e omosessualità. Infatti questi due temi potevano benissimo essere ricompresi – così come lo sono in molti altri documenti dell’UE – nell’obiettivo del millennio “Promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne” e in quello “Migliorare la salute materna”. Però l’occasione fa l’uomo gay e abortista e così chi sta nella sala dei bottoni in Europa - affinchè il verbo abortista e quello omosessualità non manchino nelle agende anche di coloro che si occupano di povertà -  ha pensato bene di mettere a punto un’innovativa ricetta per non morire più di fame nei paesi in via di sviluppo: aderire al credo gay e all’aborto.

Che la questione omosessuale sia cruciale per la soddisfazione degli obiettivi del millennio trova poi conferma in molti altri passaggi di questo documento. Ad esempio nel paragrafo “Approccio fondato sui diritti umani” si preme di ricordare che una “particolare attenzione” deve essere rivolta verso le “persone LGBT” e che occorre “vietare la discriminazione” basata, tra gli altri motivi, sull’ “orientamento sessuale [e] identità di genere”. Ovviamente non può mancare un Grande Fratello Europeo che tutto scruta e tutti punisce. Nel paragrafo “Meccanismi di monitoraggio e indicatori” così si stabilisce: “L’UE, le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali devono adottare una combinazione appropriata di indicatori quantitativi e qualitativi. Un meccanismo multidimensionale dovrebbe valutare e prendere in considerazione le questioni rilevanti quali […] l’uguaglianza di genere”. Un metro comune per la discriminazione omosessuale, per evitare di discriminare tra loro con punizioni diverse gli eterosessuali dissenzienti e riottosi. Questa è la vera uguaglianza.

L’omino della strada si domanderà: “Tutti questi progetti ed iniziative, costeranno. E chi paga tutto questo?”. Che scoperta: il signor Pantalone siamo tutti noi. Infatti al punto 69 del documento si spiega che gli obiettivi del millennio saranno raggiunti grazie al prelievo dello 0,7% del PIL nazionale di tutti i paesi membri e grazie ad una tassa sulle transazioni finanziarie. Lo 0,7% del PIL italiano corrisponde a più di 10milardi di euro. Tanti sono i soldi che il popolo italico dovrà forse sborsare per promuovere, tra le altre cose, aborto, contraccezione e omosessualità. Una tassa per demolire i principi non negoziabili.

Se questo prelievo non bastasse il report della Commissione sviluppo tranquillizza gli animi: al punto 68 rende noto che altri quattrini dovrebbero venire da “partenariati pubblico-privati”. Un modo per far entrare dalla porta principale le lobby abortiste e omosessualiste le quali a fronte di qualche emolumento chiederanno come merce di scambio ¬ – tiriamo ad indovinare - “nozze” gay per tutti, indottrinamento “gender” sin dalla tenera età e aborto post-natale.