Nello stemma episcopale di papa Jorge Mario Bergoglio ci sono tre
parole latine di non immediata comprensione: “Miserando atque eligendo”.
Ma se si va a vedere da dove sono riprese si scoprono tratti importanti del programma di vita e di ministero di papa Francesco.
In questa piccola caccia al tesoro è d’aiuto una nota del dotto teologo Inos Biffi su “L’Osservatore Romano” del 15 marzo.
Il motto proviene da un’omelia di san Beda il Venerabile (672-735),
monaco di Wearmouth e di Jarrow, autore di opere esegetiche, omiletiche e
storiche, tra cui la “Historia ecclesiastica gentis Anglorum”, per cui è
chiamato il “Padre della storia inglese”.
Nell’omelia, la ventunesima di quelle che ci sono giunte, Beda
commenta il passo del Vangelo che racconta la vocazione ad apostolo di
Matteo, pubblico peccatore.
Nel brano da cui è ricavato il motto si legge:
“Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e
gli disse: ‘Seguimi’ (Matteo, 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo
degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un
pubblicano e, siccome lo guardò con amore misericordioso in vista della
sua elezione, gli disse: ‘Seguimi’. Gli disse ‘Seguimi’, cioè imitami.
‘Seguimi’, disse, non tanto col movimento dei piedi, quanto con la
pratica della vita. Infatti ‘chi dice di dimorare in Cristo, deve
comportarsi come lui si è comportato’ (1 Giovanni, 2, 6)”.
In latino, il brano inizia così:
“Vidit ergo Iesus publicanum, et quia miserando atque eligendo vidit,
ait illi, Sequere me. Sequere autem dixit imitare. Sequere dixit non
tam incessu pedum, quam exsecutione morum”.
Includere nello stemma il motto “Miserando atque eligendo” significa
dunque mettersi al posto di Matteo, da Gesù guardato con misericordia e
chiamato a lui, nonostante i suoi peccati.
Ma l’importante è il seguito del passo citato. Dove Beda spiega cosa comporta seguire ed imitare Gesù:
“Non ambire le cose terrene; non ricercare i guadagni effimeri;
fuggire gli onori meschini; abbracciare volentieri tutto il disprezzo
del mondo per la gloria celeste; essere di giovamento a tutti; amare le
ingiurie e non recarne a nessuno; sopportare con pazienza quelle
ricevute; ricercare sempre la gloria del Creatore e non mai la propria.
Praticare queste cose e altre simili vuol dire seguire le orme di
Cristo”.
Conclude Inos Biffi:
“È il programma di san Francesco d’Assisi, iscritto nello stemma di
papa Francesco. E intuiamo che sarà il programma del suo ministero, come
vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale”.